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Erranti - Intervista a Orso Tosco

27-09-2023 15:43

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Erranti - Intervista a Orso Tosco

Quando si pensa alla scrittura di rado si pensa al corpo. Credo che il corpo di chi scrive sia tutto. Scrivere prevede uno spazio, un tempo, una postura...

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La prima è una domanda che vorrei porre a tutte le persone che scrivono. 

Perché scrivi?

Perché mi piacciono le storie e perché credo che scrivere sia il miglior modo di condividerle con gli altri senza imporre la propria presenza e i propri tempi. E poi perché su certe cose, su certi luoghi, certi paesaggi, finirei comunque per restarci a pensare a lungo, e allora scrivere è un buon modo per omaggiare, o maledire, tutta questa miriade di sollecitazioni. 

Prima, durante, dopo e oltre la scrittura: quando non scrivi, cosa fai? 

Bevo, mangio, ascolto musica, chiacchiero, prendo un sacco di treni, osservo la gente, il paesaggio. E poi devo sempre trovare il modo di fare i soldi che con la scrittura non riesco a fare.

La prima volta che hai pensato di condividere con qualcun* una “cosa” che avevi scritto.  

Ero piccolissimo, mi trovavo in macchina con mia madre e una sua amica, stavamo andando al mare, e io dissi loro di aver scritto una poesia. In realtà l'avevo letta e imparata a memoria - era cortissima - la loro reazione entusiasta, e l'assoluta incapacità di trovare altre poesie tanto brevi di cui appropriarmi, mi spinse a inventarmene di nuove.

 

Quando si pensa alla scrittura di rado si pensa al corpo. Credo che il corpo di chi scrive sia tutto. Scrivere prevede uno spazio, un tempo, una postura, un silenzio o un suono che accompagna il gesto della mano. 

Immagina ora di osservare te stesso mentre scrivi. 

Che espressione hai? Cosa fanno le tue gambe? Dove ti trovi? Tutto ciò che ti viene in mente.

 

Di solito scrivo la mattina, fumo, bevo del caffè, ho una gamba accavallata, sono leggermente curvo, di tanto in tanto mi alzo e faccio due passi, bevo un bicchiere d'acqua, spesso ascolto la stessa canzone moltissime volte di file. Non granché come spettacolo, motivo per cui preferisco scrivere se sono da solo.

 

Molte delle immagini che crei nei tuoi libri hanno forza materica e si imprimono nella mente con la potenza dell’archetipo. I mondi che la tua immaginazione genera e il modo in cui li restituisce attraverso le parole sono profondamente politici, a mio avviso. 

In Dall’inferno. Due reportage letterari c’è un’immagine che non riesco a dimenticare: Orazio Lobo che trascina la carriola. 

Nella novella La carriola, Pirandello fa dire al protagonista: 

“Sarei, ripeto, un uomo finito. Il valore dell’atto ch’io compio può essere stimato e apprezzato solamente da quei pochissimi a cui la vita si sia rivelata come d’un tratto s’è rivelata a me”; il personaggio, in conflitto con sé stesso e con il mondo, teme di essere visto mentre compie un gesto strano, apparentemente banale. 

Orazio Lobo è un uomo a cui la verità si è rivelata: vive come gli pare, non teme il giudizio né il ridicolo, rivendica il suo ruolo di extra-vagante.

In Pirandello il protagonista dichiara: “Guardavo fuori, ma non vedevo nulla, assorto in quella difficoltà”; si sente in gabbia, vincolato al proprio ruolo familiare e sociale. Il tuo Orazio Lobo, invece, vede bene, vede tutto e agisce secondando un moto di libertà interiore.  

Ti ritrovi in quello che ho detto?

In generale, quale inferno vivono i personaggi dei tuoi libri? 

Puoi dirmi almeno tre parole per definire questo inferno?

 

Orazio Lobo è un po' come quelle piante capaci di crescere nelle fratture del cemento, quelle piante che si fanno bastare il niente di terra a loro disposizione per gettare rami, persino fiori alle volte. Quindi sì, sicuramente segue un proprio ideale di libertà interiore, ma lo fa in modo del tutto sbilenco, lo fa dopo essersi costruito una propria razionalità, una propria serie di leggi e obblighi che chiaramente lo "ostacolano" nella vita. 

 

Questo è l'inferno in cui abitano spesso i miei personaggi, questa incapacità di accettare le leggi imposte dalla realtà in cui vivono, non tanto per un innato istinto di ribellione, quanto per una ragione istintiva: se le persone sono spesso, così spesso infelici e violente, per quale ragione dovrei seguire la loro logica? 

 

E se anche mi riuscisse di trovare il modo di essere tra i pochi in grado di forzare le dinamiche ingiuste a mio favore, con chi potrei mai godermi una felicità così sterile? Anche una "vittoria" risulterebbe comunque una fuga, e allora, fuga per fuga, meglio tentarla al centro del flusso principale, lungo i bordi, in mezzo a chiunque. 

 

Tre parole? Potrebbero essere: repressione, successo (con i suoi modelli inarrivabili) e senso di colpa.

 

Puoi portare in vita uno dei tuoi personaggi e passarci ventiquattr’ore insieme. Chi scegli? Come passate il tempo insieme? 

 

Sicuramente mio padre, Piero in Aspettando i Naufraghi. Ci faremmo una nuotata nella nostra spiaggia, mangeremmo bevendo del buon vino, avremmo molte cose di cui parlare.

 

Hai la possibilità di vivere per una settimana la vita del personaggio di un libro o di una serie tv. Quale scegli?

 

Personaggio letterario: Il Corsaro Nero. 

Personaggio tratto da un fumetto: John Constantine

Personaggio di una serie tv: il nano di Twin Peaks

 

Nanga Parbat. L’ossessione e la montagna nuda è il tuo secondo reportage letterario uscito per la collana “Vite inattese” di 66thand2nd. 

Tu arrivi dal mondo della poesia (Figure amate, Interno Poesia, 2019) ma hai sperimentato con successo la prosa lunga (il primo romanzo, Aspettando i naufraghi, minimumfax, è del 2018). 

Io ho apprezzato soprattutto London Vodoo (minimumfax, 2022) - sul quale abbiamo fatto una chiacchierata al BookPride del 2021 - per la potenza del linguaggio, sempre preciso, a tratti poetico, pesato in ogni punto; allo stesso tempo, ripensandoci, credo di aver letto questo romanzo come il reportage visionario di una metropoli in disfacimento.

Mi pare che la tua cifra sia questa commistione tra reale e surreale attraverso la quale riesci a offrire a chi legge informazioni ulteriori – attinte al sogno e all’incubo - su fatti, cose e persone tanto assurde da sembrare più vere del vero.

La tua scrittura, ibridando, diventa fluida, nel senso che si insinua negli anfratti, nelle pieghe buie delle cose, e le rivela, ma anche nel senso di scorrevole, godibile, capace di catturare l’attenzione di persone che non sono lettor* fort*. 

La dimostrazione che la buona scrittura può trovare vie per arrivare a tutt*.

Hai mai stabilito “a tavolino”, per così dire, la forma che un tuo libro avrebbe dovuto assumere?

Ogni forma che hai sperimentato quali possibilità ti ha offerto?

 

Io per primo non sono un lettore forte, al contrario sono un lettore disordinato, caotico, con fissazioni che difficilmente sarei in grado di giustificare, e la mia scrittura di conseguenza non può che essere porosa, forse ancora più che liquida, non può che cercare il più possibile di assorbire una realtà che non smette mai di meravigliarmi e di spaventarmi in egual misura. Per quanto riguarda il lavoro che precede i miei lavori, dipende molto dal tipo di lavoro di cui mi occupo. Alle volte è preferibile avere una sorta di traccia, di scaletta in grado di sapermi suggerire gli spazi e le tempistiche, altre volte non è necessario. Quello che però mi appassiona è proprio la possibilità di dover cambiare di volta in volta il mio approccio, perché un'attitudine di questo tipo mi costringe a sforzare lo sguardo e a non accontentarmi dei pochi mezzi che la natura mi ha messo a disposizione. Il mondo è un inesauribile produttore di storie, dialoghi, immagini, abbagli, e per rendergli giustizia, o anche solo per maledirlo con l'esattezza che merita, bisogna sempre trovare nuove strategie, e quando non le si riesce a trovare bisogna rubarle e poi adattarle alle proprie capacità e alle proprie illusioni. Spesso tutto questo non riesce, alle volte, invece, accade: ed è in quei momenti che abbiamo la fortuna di incontrarci con un lettore o una lettrice. 

 

Sei parole. Per ciascuna puoi dire quello che vuoi.

 

Padre         

Ho avuto una gran fortuna.

Infinito      

Appena oltre il limite di ciò che riusciamo a capire, o forse il limite stesso che sorregge ciò che pensiamo di aver capito.

Madre          

Ho ancora una gran fortuna.

Violenza      

Un linguaggio estremamente limitato e limitante, purtroppo molto efficace. 

Maestr*        

Illudersi di aver trovato chi vorremmo riuscire a diventare, seguire i loro passi, tradirli con amore, seguirli ancora.

Compassione   

L'unico sforzo che valga la pena di tentare in continuazione.

 

Sei in prigione. Ti concedono di portare con te solo tre oggetti. Cosa porti?

 

Un libro, una lama, qualcosa da fumare.

 

Perché sei finito in prigione?

 

Se c'è una cosa che ho imparato nella vita, è che i motivi per cui si può finire in prigione sono tanti quanto le buone ragioni per evitarlo.

 

Ti svegli, tutti i media dicono che il mondo ha le ore contate, e dicono quante: 48. Cosa fai nel tempo che resta?

 Se posso mi faccio una lunga nuotata in mare e poi una lunghissima cena con le persone che amo.

 Tre libri che hai amato e riletto.

 Una questione privata di Beppe Fenoglio

 La Divina Commedia

 Il lungo addio di Raymond Chandler

 Una canzone che ascolti in loop.

 Beside you di Van Morrison.

 Una frase che dici a te stesso nei momenti difficili. 

 Nei momenti difficili più che dirmi qualcosa trattengo il fiato.

 Sei parole. Per ciascuna puoi dire quello che vuoi. 

Morire    

Da eseguire con un gran tempismo e in rapidità, meglio se nel sonno.

Bosco     

 

Il primo vocabolario (e il cognome della mia compagna).

 

Male        

 

Imparare a conoscerlo per poi frequentarlo il meno possibile.

 

Pizza       

 

La dimostrazione che non tutte le idee sono uguali, che le grandi idee esistono.

 

Camminare   

 

Il miglior modo per digerire il mondo e i propri pensieri.

 

Gelato (gusto/i?)   

 

La voluttuosità alla portata di tutti (crema).

 

L’ultima cena di Orso. Chi inviti? Cosa si mangia? Cosa diresti al tuo Giuda?

 

Penso che non vorrei condividerla con nessuno perché sarebbe troppo triste e odio gli addii. Se fosse d'estate mangerei del pomodoro fresco e a seguire dei frutti di mare con una bottiglia di Chablis. Se capitasse nei mesi freddi, una fonduta con del tartufo e una bottiglia di barbaresco.

 

Qualche mese fa appuntavo una tua frase tratta dal reportage Dall’inferno.

“Quando ci si sente sbagliati per qualsiasi posto, i posti sbagliati smettono di esistere”. Rileggendola, mi sono sentita meno fuori posto. Anche questo fanno gli ottimi libri. Dopo quindici anni di Milano, nel 2019 torno in Sicilia per sistemare alcune cose e poi ripartire. Resto bloccata dal covid. La Lupa nasce nell’aprile 2020, in pieno lockdown. Da allora il progetto ha mutato pelle molte volte avendo sempre come base la Sicilia e come vocazione l’Oltre, l’Altro e l’Altrove. 

All’inizio raccoglievamo le voci di sicilian* d’origine che avevano scelto di trasferirsi o di restare, oppure di persone giunte da altre parti d’Italia (e del mondo) che avevano scelto di fare della Sicilia la loro terra d’elezione. Contrariamente a ciò che la vulgata racconta non esistono solo sicilian* ben integrat*; molt* di noi si sono sentit* spesso, almeno una volta nella vita, stranier* in terra patria, tant* fuggono in cerca di “condizioni migliori”. Sembra un discorso di qualche decennio fa perché, nella sostanza, la situazione non è poi così diversa: solo negli ultimi quindici anni due milioni di persone hanno lasciato il sud per trasferirsi al centro-nord Italia. Spesso chi torna dopo essere stato altrove si sente fuori posto. In generale, conosco davvero poche persone cresciute nello stesso posto in cui sono nate. 

Intere generazioni di esuli, vagabond*, sradicat*. 

Casa. 

Radici. 

Lavoro. 

Soldi. 

Classe sociale. 

Tu che rapporto hai con queste parole? 

 

Casa e soldi dovrebbero essere garantiti a qualunque essere umano. 

Il lavoro non dovrebbe occupare la maggior parte del tempo a disposizione, a parte per chi ha la fortuna di far coincidere le proprie predisposizioni con il proprio mestiere. 

La classe sociale, o meglio, le classi sociali sono la rappresentazione plastica delle disuguaglianze che affliggono la maggior parte delle società. 

Le radici, se il contesto sociale virasse verso una maggiore giustizia e equità, potrebbero essere ripiantate più volte nella vita, e troverebbero sempre un terreno a cui attecchire.

 

So che hai vissuto a Londra per qualche tempo. Cosa ti ha spinto proprio in quella città e in che modo questa esperienza di vita è entrata nella tua scrittura?

 

A Londra ci sono finito perché ci vivevano alcuni dei miei migliori amici, l'idea iniziale era quella di restarci qualche mese, ci ho vissuto per dieci anni. Credo sia stata una gigantesca scuola di scrittura, di vita, di qualsiasi cosa.

 

Ti sei mai sentito sbagliato, emarginato, fuori posto?

 

Mi sento sempre sbagliato, alle volte fuori posto, emarginato mai: difficile essere emarginato per un uomo bianco di estrazione più o meno borghese.

 

La Lupa è uno spazio queer: questa parola, nata come insulto e rivendicata con orgoglio dalla comunità lgbtq+, rappresenta il diritto che ogni corpo dovrebbe avere di autodefinirsi, scegliere in che modo essere nominato, e quale linguaggio usare per nominarlo. 

Un piccolo focus su questo.

Rinasci in un corpo diverso: come vorresti che fosse? 

 

In salute.

 

Quali parole usate nei tuoi confronti hai vissuto come violente?  

 

Credito insufficiente sullo schermo dei bancomat.

 

Secondo te, da quali fattori dipende il potere sui corpi? 

 

Dai modelli di successo legati alla bellezza, sempre violenti, sempre nefasti e bugiardi. 

 

Che senso ha lo scrittore oggi? Intendo proprio, a cosa serve? Qual è il suo ruolo nella società attuale?

 

Ci sono pochissimi scrittori davvero importanti per ogni secolo, e il loro ruolo resta più o meno immutato. Ciò che è cambiato, è l'impatto che i loro lavori possono avere sul mondo che li circonda: al momento attuale l'impatto è relativamente basso. Ma è altrettanto vero che se si scrive per chiunque, amici e nemici, si scrive anche per chi non ci leggerà mai, e anche per chi arriverà dopo di noi. 

 

IA e ultime evoluzioni nel campo dei software per la scrittura. Da persona che scrive e pubblica, ti interessa e ti sei posto il problema di come cambierà il mondo editoriale? 

 

Penso che le IA verranno utilizzate per risparmiare soldi, e che quindi cancelleranno molti lavori o ruoli, o almeno li trasformeranno in maniera significativa. Però questo vale per molti contesti lavorativi, non soltanto l'editoria.  

 

Come immagini il mondo tra cento anni? 

 

Decisamente problematico.

 

Come immagini te stesso e la tua scrittura tra dieci anni?

 

Come due vecchi biliardi: ammaccati, con qualche macchia e qualche strappo, in penombra, in qualche modo affascinanti.

 

Perché hai tagliato i capelli? 

 

Perché la condizione tricologica stava diventando sempre più problematica; insomma, i capelli volevano andarsene, me l'hanno fatto capire, e io, a malincuore, ho dato il via libera.

 

Grazie e in bocca alla Lupa per tutto!

 

Biografia dello Scrittore Errante

 

Orso Tosco, classe 1982, è scrittore, poeta e sceneggiatore. Per minimum fax ha pubblicato: il romanzo Aspettando i Naufraghi (2018); insieme a Cosimo Argentina, Dall'inferno. Due reportage letterari (2021); London Vodoo (2022). Per Interno Poesia è uscita la sua raccolta Figure amate (2019). Nanga Parbat. L’ossessione e la montagna nuda è il suo secondo reportage letterario uscito per la collana “Vite inattese” di 66thand2nd (2023). Collabora con L’Officina del Podcast. Vive a Ospedaletti, nel far west ligure.


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